
C’è una statistica che dovrebbe far tremare i polsi a ogni imprenditore italiano: solo il 4% delle aziende familiari arriva alla quarta generazione. Il resto si perde per strada, tra successioni fallite, conflitti familiari, scelte sbagliate o – peggio – decisioni non prese.
Eppure, il problema non è nelle nuove generazioni. Anzi, spesso sono preparate, motivate, più istruite dei fondatori e con una visione moderna del mercato.
Il vero problema è che il passaggio generazionale viene affrontato come se fosse un evento straordinario, una linea di traguardo, quando invece dovrebbe essere un processo strategico continuo, fatto di pianificazione, scelte coraggiose e responsabilità condivise.
Secondo le principali ricerche sul tema:
solo il 30% delle aziende familiari supera il passaggio dalla prima alla seconda generazione
il 13% arriva alla terza
appena il 4% raggiunge la quarta
E non si tratta di sfortuna o destino. Sono sintomi di un male ben identificabile: la mancanza di metodo.
Negli anni, collaborando con PMI in Italia e Spagna, ho osservato da vicino decine di casi. I problemi si ripetono come in un copione già scritto. Ecco i quattro errori più frequenti.
Il fondatore, spesso carismatico e operativo anche oltre i 70 anni, tende a rimandare la transizione. Non per cattiveria, ma per legame identitario: l’azienda è “sua”, l’ha costruita da zero, ne conosce ogni dettaglio. Ma quando finalmente decide di “fare spazio”, può essere troppo tardi: i figli non sono pronti, il team è confuso, il mercato è cambiato.
Il passaggio generazionale va preparato con almeno 10-15 anni di anticipo, e dovrebbe essere parte integrante della strategia aziendale, non un fulmine a ciel sereno.
“È mio figlio, quindi guiderà l’azienda”. Questo è uno degli errori più pericolosi. L’impresa non è un’eredità sentimentale, è una responsabilità manageriale. I ruoli non si assegnano per lignaggio, ma per merito, visione e competenze.
Il cognome può aprire la porta, ma è la preparazione a doverla tenere aperta. Le aziende che ce la fanno stabiliscono criteri chiari per l’accesso e la crescita dei membri familiari all’interno dell’organizzazione. Nessun favoritismo. Solo percorsi meritocratici.
Molti fondatori restano legati a modelli e pratiche che hanno funzionato in passato, ma che oggi sono superati. Frasi come “si è sempre fatto così” sono spesso l’inizio della fine.
Il mondo evolve: digitalizzazione, globalizzazione, nuovi competitor, nuovi clienti. Se non si accetta il cambiamento, l’azienda resta ferma mentre il mercato corre. E la nuova generazione, spesso pronta a innovare, si scontra con un muro di nostalgia e controllo.
Il senior vuole continuità, il junior vuole discontinuità. Il primo pretende obbedienza, il secondo vuole autonomia. Questo conflitto – se non gestito – porta alla paralisi.
L’unico modo per evitarla è creare un piano condiviso, che metta in chiaro visione, ruoli, obiettivi e tempi. Serve dialogo, ma soprattutto serve metodo.
Le aziende che arrivano alla quarta generazione non lo fanno per caso. Pianificano, innovano, si mettono in discussione.
Ho lavorato con imprenditori che hanno avuto il coraggio di fare scelte difficili: inserire coach esterni, affiancare il figlio a manager esperti, ridefinire i ruoli nel board, creare advisory board indipendenti, separare la proprietà dalla gestione operativa.
E soprattutto, hanno capito una cosa: il passaggio generazionale è un’opportunità, non un problema. È il momento perfetto per reinventare processi, esplorare nuovi mercati, aggiornare la value proposition, digitalizzare.
È il momento per costruire il ponte tra la solidità dell’esperienza e l’energia della visione futura.
Ecco alcune azioni concrete che ho aiutato a implementare in aziende che hanno scelto di affrontare la transizione con lucidità e metodo:
Percorsi interni per i membri della famiglia: i giovani iniziano dal basso, ruotano tra i reparti, imparano il linguaggio dell’azienda e le sue dinamiche prima di sedersi nel consiglio di amministrazione.
Ruoli meritocratici e obiettivi misurabili: ogni promozione è giustificata da risultati, non da legami familiari.
Governance mista: accanto alla famiglia, figure esterne nei comitati strategici, con capacità decisionali e di bilanciamento.
Innovazione al centro: non come fine estetico, ma come leva per rivedere processi, prodotti, canali di vendita, modelli organizzativi.
Timeline condivisa: niente più “prima o poi”, ma “entro il 2028 questa sarà la nuova struttura, con queste deleghe e questi KPI”.
Il mio lavoro come Fractional Sales & Marketing Action Manager parte proprio da qui. Non propongo teorie, ma metodi concreti per traghettare le aziende familiari nel futuro:
Facilitazione del dialogo tra generazioni e supporto nei processi decisionali
Ridefinizione della strategia commerciale e del go-to-market con il contributo attivo della nuova generazione
Affiancamento nel posizionamento e rebranding dell’azienda per il “dopo-fondatore”
Implementazione di processi data-driven, CRM, e strumenti per la gestione della complessità crescente
Mentoring e formazione per i figli e i manager di seconda linea
Supporto alla transizione della leadership e alla definizione di una governance efficace
Non si tratta solo di salvare l’azienda. Si tratta di costruire un futuro in cui le persone giuste abbiano gli strumenti per far crescere un’impresa che vive oltre i fondatori.
Il 4% delle aziende familiari che ce la fa non è più fortunato. È più lungimirante. Ha capito che governare il passaggio generazionale non è un compito da rimandare, ma un processo da gestire oggi.
Servono metodo, coraggio e una visione che metta l’azienda davanti all’ego.
E soprattutto serve una guida che conosca i meccanismi della crescita, del cambiamento e della leadership condivisa.
Se vuoi far parte di quel 4%, sappi che non sei solo. Ma devi iniziare ora.
Il 96% delle aziende familiari italiane fallisce prima della quarta generazione. E non è un caso.
C’è una statistica che dovrebbe far tremare i polsi a ogni imprenditore italiano: solo il 4% delle aziende familiari arriva alla quarta generazione. Il resto si perde per strada, tra successioni fallite, conflitti familiari, scelte sbagliate o – peggio – decisioni non prese.
Eppure, il problema non è nelle nuove generazioni. Anzi, spesso sono preparate, motivate, più istruite dei fondatori e con una visione moderna del mercato.
Il vero problema è che il passaggio generazionale viene affrontato come se fosse un evento straordinario, una linea di traguardo, quando invece dovrebbe essere un processo strategico continuo, fatto di pianificazione, scelte coraggiose e responsabilità condivise.
Secondo le principali ricerche sul tema:
solo il 30% delle aziende familiari supera il passaggio dalla prima alla seconda generazione
il 13% arriva alla terza
appena il 4% raggiunge la quarta
E non si tratta di sfortuna o destino. Sono sintomi di un male ben identificabile: la mancanza di metodo.
Negli anni, collaborando con PMI in Italia e Spagna, ho osservato da vicino decine di casi. I problemi si ripetono come in un copione già scritto. Ecco i quattro errori più frequenti.
Il fondatore, spesso carismatico e operativo anche oltre i 70 anni, tende a rimandare la transizione. Non per cattiveria, ma per legame identitario: l’azienda è “sua”, l’ha costruita da zero, ne conosce ogni dettaglio. Ma quando finalmente decide di “fare spazio”, può essere troppo tardi: i figli non sono pronti, il team è confuso, il mercato è cambiato.
Il passaggio generazionale va preparato con almeno 10-15 anni di anticipo, e dovrebbe essere parte integrante della strategia aziendale, non un fulmine a ciel sereno.
“È mio figlio, quindi guiderà l’azienda”. Questo è uno degli errori più pericolosi. L’impresa non è un’eredità sentimentale, è una responsabilità manageriale. I ruoli non si assegnano per lignaggio, ma per merito, visione e competenze.
Il cognome può aprire la porta, ma è la preparazione a doverla tenere aperta. Le aziende che ce la fanno stabiliscono criteri chiari per l’accesso e la crescita dei membri familiari all’interno dell’organizzazione. Nessun favoritismo. Solo percorsi meritocratici.
Molti fondatori restano legati a modelli e pratiche che hanno funzionato in passato, ma che oggi sono superati. Frasi come “si è sempre fatto così” sono spesso l’inizio della fine.
Il mondo evolve: digitalizzazione, globalizzazione, nuovi competitor, nuovi clienti. Se non si accetta il cambiamento, l’azienda resta ferma mentre il mercato corre. E la nuova generazione, spesso pronta a innovare, si scontra con un muro di nostalgia e controllo.
Il senior vuole continuità, il junior vuole discontinuità. Il primo pretende obbedienza, il secondo vuole autonomia. Questo conflitto – se non gestito – porta alla paralisi.
L’unico modo per evitarla è creare un piano condiviso, che metta in chiaro visione, ruoli, obiettivi e tempi. Serve dialogo, ma soprattutto serve metodo.
Le aziende che arrivano alla quarta generazione non lo fanno per caso. Pianificano, innovano, si mettono in discussione.
Ho lavorato con imprenditori che hanno avuto il coraggio di fare scelte difficili: inserire coach esterni, affiancare il figlio a manager esperti, ridefinire i ruoli nel board, creare advisory board indipendenti, separare la proprietà dalla gestione operativa.
E soprattutto, hanno capito una cosa: il passaggio generazionale è un’opportunità, non un problema. È il momento perfetto per reinventare processi, esplorare nuovi mercati, aggiornare la value proposition, digitalizzare.
È il momento per costruire il ponte tra la solidità dell’esperienza e l’energia della visione futura.
Ecco alcune azioni concrete che ho aiutato a implementare in aziende che hanno scelto di affrontare la transizione con lucidità e metodo:
Percorsi interni per i membri della famiglia: i giovani iniziano dal basso, ruotano tra i reparti, imparano il linguaggio dell’azienda e le sue dinamiche prima di sedersi nel consiglio di amministrazione.
Ruoli meritocratici e obiettivi misurabili: ogni promozione è giustificata da risultati, non da legami familiari.
Governance mista: accanto alla famiglia, figure esterne nei comitati strategici, con capacità decisionali e di bilanciamento.
Innovazione al centro: non come fine estetico, ma come leva per rivedere processi, prodotti, canali di vendita, modelli organizzativi.
Timeline condivisa: niente più “prima o poi”, ma “entro il 2028 questa sarà la nuova struttura, con queste deleghe e questi KPI”.
Il mio lavoro come Fractional Sales & Marketing Action Manager parte proprio da qui. Non propongo teorie, ma metodi concreti per traghettare le aziende familiari nel futuro:
Facilitazione del dialogo tra generazioni e supporto nei processi decisionali
Ridefinizione della strategia commerciale e del go-to-market con il contributo attivo della nuova generazione
Affiancamento nel posizionamento e rebranding dell’azienda per il “dopo-fondatore”
Implementazione di processi data-driven, CRM, e strumenti per la gestione della complessità crescente
Mentoring e formazione per i figli e i manager di seconda linea
Supporto alla transizione della leadership e alla definizione di una governance efficace
Non si tratta solo di salvare l’azienda. Si tratta di costruire un futuro in cui le persone giuste abbiano gli strumenti per far crescere un’impresa che vive oltre i fondatori.
Il 4% delle aziende familiari che ce la fa non è più fortunato. È più lungimirante. Ha capito che governare il passaggio generazionale non è un compito da rimandare, ma un processo da gestire oggi.
Servono metodo, coraggio e una visione che metta l’azienda davanti all’ego.
E soprattutto serve una guida che conosca i meccanismi della crescita, del cambiamento e della leadership condivisa.
Se vuoi far parte di quel 4%, sappi che non sei solo. Ma devi iniziare ora.